venerdì 18 aprile 2008

Al Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi

Al Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi
e. p.c. a tutti i mezzi d’informazione.
Oggetto: sospetti sulle stragi mafiose.
Luglio 2003
Signor Presidente,
rivolgo all’attenzione d’una figura istituzionale che, per sua sintesi politica e morale, è tenuta a qualsiasi costo a difendere l’onore del nostro Paese e delle sue Istituzioni con estremo vigore e senza alcun cedimento, la speranza di Verità e Giustizia del nostro Paese.
Sono ormai trascorsi undici anni dalle stragi mafiose avvenute a Palermo e dieci da quelle altrettanto infami stragi con le quali “cosa nostra” si vendico del tradimento politico e Istituzionale dei suoi compagni di merenda: tanti, tantissimi anni, per inchiodare alle proprie infami responsabilità solo la parte criminale di un contesto senza onore, che ha sempre privato del diritto di cittadinanza i Siciliani, in uno Stato che si dice civile e Democratico.
E i compari di Totò Riina ed accoliti, dove sono?
Le chiedo: se si trovasse il movente e l’infame contesto che decise perentoriamente una di quelle stragi e le successive azioni di vendetta di “cosa nostra”, crede veramente che la Magistratura ed il potere reale possano avere il coraggio e la libertà d’affrontare lealmente la verità?...
Signor Presidente, Le confesso che mai come oggi ho avuto il dubbio che ciò avvenga: forse ho sbagliato nel credere che questo nostro Paese, grondante di maree di sangue di Eroi sempre traditi, prima o poi potesse avere il coraggio di guardarsi dentro.
Per favore, Signor Presidente, vuole chiedere al dottor Pier Luigi Vigna, conto di questo mio comunicato stampa?...
Signor Presidente, mentre legge questa lettera aperta sono passati esattamente 145 giorni dal momento in cui la Procura di Caltanissetta ha ricevuto una mia missiva con la quale, là dove si fosse accertata la fondatezza delle mie critiche ad un PM della Procura di Palermo, chiedevo d’essere ascoltato in condizioni di serenità ed in modo formalmente corretto per informare quella Procura dei fondati, documentati ed argomentati sospetti che, dal mese di febbraio 2002, affollano la mia mente in ordine alla strage di via D’Amelio.
Vero è che la richiesta era subordinata alle loro indagini, in ordine alle mie liti (?) Giudiziarie con quel Magistrato, dove per altro sono sereno e forte delle inconfutabili verità documentate, ma è altrettanto vero che, che, quei Magistrati, imprigionando le mia dichiarazioni dentro i verbali Giudiziari avrebbero avuto già modo, di accertare, alla luce dei miei argomentati e documentati sospetti; il possibile movente che, avrebbe potuto decidere la morte di Paolo Borsellino e degli altri cinque onesti servitori dello Stato.
Inoltre, laddove si conclamasse Giudizialmente questa mia solida e ricca tesi probatoria, si potrebbe arrivare, con estrema naturalezza, anche al movente delle stragi dell’anno 1993 dove gl’infami “uomini” di “cosa nostra” saziarono la loro vendetta contro “quei poteri occulti” dello Stato e della politica che, prima li avevano utilizzati in funzione regolatrice per le stragi di Capaci e di via D’Amelio nell’anno 1992 a Palermo, e poi li avevano traditi.
Per quelli come me la Magistratura aveva solo il volto di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e dei tanti altri Magistrati massacrati a Palermo e nel nostro Paese dall’infamia politica e criminale: in virtù di questa forte convinzione, quando appresi la notizia della strage in via D’Amelio, seppure il dubbio cominciò a tormentarmi, lo scacciai deliberatamente.
Per questo, là dove i miei fondati sospetti dovessero conclamarsi in sede Giudiziaria, mi auto ingannavo: avevo paura di offendere quella prospettiva, che in alcuni miei articoli per i giornali, mi piaceva definire “la roccia, sotto la palude sulla quale noi Palermitani potremmo poggiare i solidi pilastri, per costruire il nostro sogno di libertà”.
Rifiutavo l’obiettività della ragione: non volevo accettare che poteva esistere anche la possibilità del contesto, che chiedo d’indagare.
Questi lunghi anni, alla luce del mio stoico fatalismo, non sono stati anni negati alla verità; anzi, è stato come se la sorte, consapevole della mia estrema solitudine, prima di far luce dentro le mie ragioni e dentro l’animo mio, avesse voluto far maturare tutte le solide condizioni, per consentirmi d’armarmi adeguatamente per poi guardare, con serenità e forte determinazione, dentro uno scenario mai esplorato: che a seguito della lettura dei miei appunti a futura memoria e delle indagini telematiche effettuate dopo aver accertato il grave pregiudizio di quel PM contro la mia onorabilità, ho scoperto un quadro probatorio, che grida e chiede Giustizia.
Volevo e voglio, mettere dentro i verbali Giudiziari mentre sono vivo, quei fatti, quei documenti, quel contesto ed i nomi dei suoi protagonisti, senza per questo lasciarmi trascinare dentro l’offesa gratuita nei confronti della mia od altrui onorabilità.
Per questo il 22 maggio, dopo accordo telefonico, trovandomi di passaggio per coincidenza aerea da Fiumicino, (mi recavo a Bari dove il giorno dopo 23 maggio, insieme al Sotto Segretario on. Alfredo Mantovano, il Prefetto di Bari ed altre autorità Istituzionali, incontrai gli studenti ed i docenti dell’Istituto Professionale Santarella per parlare di legalità) ho spedito una lettera a mezzo raccomandata ad un Magistrato degno di fiducia, pregandolo d’attivarsi per sbloccare l’attuale preoccupante situazione di stallo che, mi dispiace dirlo, somiglia tantissimo alle scene d’inadempienza Istituzionale e dello strapotere statalista, che si è sempre imposto contro le battaglie palermitane del sottoscritto e contro i tanti, i troppi, misteri d’Italia.
Conclusi quella lettera, affermando che avrei atteso fino alla data odierna, un segnale della Procura di Caltanissetta o del Dottor Pierluigi Vigna.
Il 3 luglio us. ho manifestato queste mie preoccupazioni anche ad un alto Magistrato, che gode della mia incondizionata stima con la speranza, che potesse in qualche modo rendere quieto l’animo mio: conoscendo l’alta statura morale è Istituzionale di questo Magistrato non ho alcun dubbio sul suo avvenuto intervento ma, non essendo ancora arrivato alcun cenno di buona volontà, sono costretto a rendere pubbliche queste mie dolorose perplessità.
Non è mia intenzione offendere la statura morale e/o la professionalità dei Magistrati interessati ma, là dove dovessi commettere un errore, anche strategico; esso per quello che mi riguarda è giustificato: bastava poco per indurmi a non rendere pubbliche questi miei inquietanti dubbi, bastava anche solo un cenno.
La giustificazione è data dai troppi silenzi e dalle troppe omissioni Istituzionali, di cui è costellata la mia storia, dove troppe volte dopo avere atteso invano, l’intervento della Magistratura e delle Istituzioni, ho scoperto, l’ignavia ed il tradimento vestito con l’abitino dell’omissione.
Nella nostra comunità, troppe volte la giusta sintesi della verità diventa la stessa causa del silenzio per spirito di sopravvivenza; cosicché, gli uomini valorosi delle Istituzioni muoiono per mano criminale ed altri che, nel loro effettivo sentire morale non hanno nulla da spartire con i nostri Eroi, si fanno molte volte immeritatamente scudo di questi morti, per continuare ad esercitare la loro piccineria nei palazzi del potere, al servizio di quel potere che è ancora capace di negare qualsiasi verità: sono pienamente consapevole del fatto che, stò tentando un volo impossibile e che, pagherò amaramente questa mia, voglia di Verità e di Giustizia... ma, mi creda Signor Presidente, ormai le meschinità umane non fanno più paura ad un uomo che grazie ai tantissimi tradimenti subiti, non ama più la vita: quest’uomo consapevole, d’essere un misero ammasso di frattaglie come tutti gli altri uomini, ormai confida solo, nella Misericordia di Dio per le sue debolezze umane, e nel sogno di quella libertà sempre negata ai Giusti ed ai deboli di tutto il mondo.
Là dove, dovesse ancora dominare, il potere dei malvagi e dei prepotenti di questo nostro Paese, ora essi hanno solo due soluzioni davanti al loro meschino esercizio mafioso; quello di farmi ammazzare e/o quello d’impelagarmi con intento calunnioso, dentro pretestuosi ed interminabili Processi: ma, in ogni caso lo scrivente, i nostri Eroi e le vittime innocenti delle stragi criminali del 93, ai quali intendo garantire Giustizia a qualsiasi costo, lasceremo ai giovani di questo Paese un messaggio finalmente vero e non reinterpretato, da quelle meschinità politiche, economiche ed umane che sono state sempre sovrapposte alla nostra voglia di libertà dal dominio mafioso e criminale.
Adesso sono tantissime le code di paglia, che dalla Sicilia fino a Roma si stanno certamente incendiando; sono le code di quelli che nel nome del rinnovamento, agli inizi degli anni 90, sono riusciti a rinnovare quell’inganno storico, che ha sempre messo il guinzaglio, alle nostre illusioni di cittadini liberi in uno Stato democratico
Signor Presidente, a Palermo, in Piazza 13 Vittime, c’è un monumento in ricordo ai caduti contro la mafia; quel monumento venne donato alla mia città da Fincantieri: la sua base, un pentagono d’acciaio, per strana fatalità, venne montato dentro l’azienda dallo scrivente; ciò accadeva mentre “cosa nostra” imperava indisturbata dentro il cantiere navale e le Istituzioni ignoravano le mie denuncie sottoscritte dai miei compagni di lavoro e dalla gente della mia borgata. Ma, il fatto ancora più infame fu che, quel monumento in quella Piazza venne montato proprio dagli sciacalli legati a “cosa nostra” che poi, nei loro tuguri, fuori e dentro lo stabilimento navale, si vantarono della loro ed altrui beffa!
Quel Monumento deve essere lavato dalla beffa e dall’inganno, ed oggi più che mai, non avrò pace, fino a quando non ci sarò riuscito.
Signor Presidente, con pieno rispetto è sentito affetto, Le confermo che ancora una volta il buon Dio, mi ha aiutato a sconfiggere la paura e la misera convenienza umana, che con prepotenza s’annida anche dentro di me: spero che Lei riesca a fare lo stesso, intervenendo energicamente affinchè si faccia, leale e piena luce sui fatti in oggetto, che in ogni caso non sfuggiranno alla storia di questo nostro Paese, che altri con il loro sangue più di noi hanno contribuito a costruire.
Gioacchino Basile

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